Rebo Rigotti

L’autore della Carta viticola del 1950-1962
rebo rigotti

Rebo Rigotti – archivio fotografico fondazione Edmund Mach

Rebo Rigotti nasce  l’11 luglio 1891 a Padergnone (TN), primo dei quattro figli di Pietro e Antonia Marzani. Il padre era un ricco agricoltore della Valle dei Laghi, fornitore di vino Santo della Corte di Vienna, la madre di origini nobiliari, veniva da San Marzano in provincia di Salerno.

Frequenta la Scuola Agraria biennale di San Michele tra il 1907 e il 1909, avendo tra gli insegnanti  Karl Mader, direttore e docente di viticoltura, Josef Schindler, professore di enologia e chimica agraria, Osvaldo Orsi, Carlo de Gramatica, Armin de Cles, Bruno de Varda. Fino al termine della Grande guerra lavora nell’azienda di famiglia, per poi essere nominato “visitatore tecnico”   dell’Ufficio del Genio civile di Rovereto e svolgere, nel biennio 1919-1921, attività di ricognizione sui danni causati dalla guerra alle campagne trentine.

Il 5 settembre 1921 sposa Anna de Manincor, da cui avrà cinque figli: Fabio, Camillo, le gemelle Annamaria e Licia, e Ulisse.
Nel frattempo, era stato assunto dalla Stazione Sperimentale di San Michele come  “Ispettore delle Cantine della Venezia Tridentina”, come si chiamava allora l’unica provincia, con sede a Trento, divenuta da poco italiana. Dal 1923 al 1928 lavora come tecnico e amministratore presso l’azienda vitivinicola della Contessa Giuliana Martini di Mezzocorona, riuscendo anche a diplomarsi perito agrario alla scuola di Agraria di Conegliano Veneto.
Ciò gli consente di divenire assistente di Giulio Catoni all’Osservatorio fitopatologico di Trento, ruolo che mantiene fino al 1930, anno in cui vince il concorso indetto dal Consiglio provinciale dell’economia per il posto di direttore tecnico dei vivai viticolo-pomologici di Navicello a Rovereto e a Trento. Nel 1936, infine, con un tale e diversificato bagaglio di conoscenze ed esperienza, per concorso ministeriale è assunto stabilmente come sperimentatore presso la Stazione Agraria Sperimentale di San Michele all’Adige, diretta dal professor Enrico Avanzi, uno tra i più illustri agronomi italiani; vi resterà fino al 31 gennaio 1959, quando ormai quasi settantenne, andrà in pensione, dopo aver dedicato quasi cinquant’anni di lavoro, rigore scientifico e passione agli studi in diversi settori dell’agricoltura, dalla frutticoltura, alla cerealicoltura, dalla foraggicoltura alla genetica della patata, ad alcune colture minori ma soprattutto alla viticoltura.

Rebo Rigotti è stato davvero uno sperimentatore curioso, poliedrico e instancabile, fin dai primi anni di lavoro in solitudine, come unico dipendente della Stazione sperimentale. Dagli anni Trenta si dedica alla selezione delle piante da frutto quali pesco, pero e melo, nella ricerca di nuove e migliori varietà, di portinnesti più adatti alle condizioni ambientali o resistenti alle malattie (ad esempio la morìa del pero).
Avvia poi sperimentazioni, confronti varietali e un’intensa attività di miglioramento genetico della patata, incrociando varietà europee e varietà di origine andina, allo scopo di selezionare nuove cultivar più produttive, resistenti alle virosi e di migliore qualità, in un lavoro che continuerà fin verso gli anni Sessanta, nonostante le grandi fatiche e le delusioni per la scarsità di mezzi e di aiuto patite negli anni a cavallo della guerra.

In campo cerealicolo, sotto la direzione di Avanzi, Rigotti lavora alla costituzione di nuove varietà di grano tenero di taglia medio-bassa, resistenti all’allettamento, stabili nella produzione, ben adattabili alle condizioni colturali. Anche sul mais realizza un lavoro quinquennale di incroci su una dozzina di  varietà italiane, fecondate e selezionate allo scopo di produrre un prodotto capace di combinare qualità con maggiore produttività, resistenza alle malattie e agli agenti atmosferici.

Altre attività di indagine o miglioramento genetico riguardano colture minori come radicchio, pomodoro, fagiolo, foraggere graminacee e erba medica, sempre per ottenere razze migliorate sotto diversi punti di vista, ma anche la quinoa, fatta  arrivare dal Perù, di cui intuiva il potenziale valore alimentare e il sorgo zuccherino.

Il principale settore di attività rimane però quello viticolo. A partire dagli negli anni Venti prova diversi incroci sia per uva da vino che per uva da tavola,

Vite centenaria Marchese Cavalieri Gonzaga - 1955 Archivio storico CCIAA TN © Aldo Lunelli

Vite centenaria Marchese Cavalieri Gonzaga – 1955
Archivio storico CCIAA TN © Aldo Lunelli

lavorando alla selezione di cultivar adatte al trasporto e resistenti allo schiacciamento dell’acino. Con le  varietà da vino inizia un lungo lavoro di incroci e selezione varietale e clonale, utilizzando vitigni locali e vitigni stranieri, uve da vino ordinario e uve da vino fino. E se negli anni Trenta era ancora importante l’aspetto quantitativo, anche per le resistenze dei viticoltori nei confronti dei vitigni stranieri fini poco produttivi, nel tempo divenne sempre più rilevante il fattore qualità a orientare le selezioni e il lavoro di incrocio di cultivar superiori come Pinots, Riesling, Cabernet e Merlot con ceppi locali quali Nosiola, Teroldego e Marzemino. Da queste  sperimentazioni prese forma quel 107-3, un vitigno identificato dalla serie d’incroci “Merlot x Marzemino g.”, che dopo la sua morte, nel 1978, venne iscritto nel Catalogo Nazionale delle Varietà di uva da vino come vitigno destinato alla vinificazione e che, con il nome di Rebo,  perpetua il ricordo dello sperimentatore. Rilevanti anche i lavori su Nosiola, vitigno destinato alla produzione di Vino Santo, e su Lagrein.

Accanto allo studio e all’attività sperimentale, Rebo Rigotti svolge un’intensa attività didattica e di divulgazione: con le conferenze agrarie tenute tra il 1930 e il 1949 su incarico della Cattedra provinciale d’Agricoltura, con le lezioni di economia domestica e i corsi di agraria per insegnati di scuola elementare e ai carcerati; e ancora, con i corsi di patologia della patata per conto della Delegazione fitopatologia di Trento, quelli accelerati in frutticoltura presso l’Istituto agrario di San Michele all’Adige, e per dodici  anni in veste di relatore alla scuola di Economia domestica dell’Opera Nazionale di Assistenza all’Italia Redenta.
Queste lezioni di agraria sono poi raccolte nel Manuale di agraria per la Cultura Popolare, uscito nel 1938 e  ripubblicato nel 1942, che va ad aggiungersi alle pubblicazioni tecniche, oltre trenta contributi pubblicati tra il 1930 e il 1969 su diverse testate specialistiche locali e nazionali tra cui L’Italia Agricola, Apicoltore d’Italia, Economia trentina e l’Almanacco agrario, oltre ai resoconti delle attività sul periodico Esperienze e ricerche della Stazione Sperimentale di San Michele.

Uno dei contributi maggiori, tuttavia, rimane lo scritto Rilievi statistici e considerazioni sulla Viticoltura Trentina uscito nel 1931 (leggi) con gli auspici del Consiglio dell’Agricoltura e della Stazione sperimentale di San Michele. L’opera prendeva in considerazione il biennio 1929-1930 e rappresentava un’analisi dettagliata della viticoltura trentina, di cui ripercorreva le principali vicende e problemi aperti, esaminava la diffusione della coltura nel territorio, considerava i vitigni caratteristici, e ricostruiva, con dovizia di dati e statistiche, i costi necessari alla ricostituzione post-fillosserica e quelli sostenuti dalla filiera del vino.

Per Rebo Rigotti, quest’indagine minuziosa rappresentò uno studio fondamentale dal punto di vista metodologico, oltre che conoscitivo, base fondamentale per l’impostazione della successiva indagine degli anni Cinquanta. Presso l’archivio della biblioteca della Fondazione Mach – che dal 2009 è subentrata all’Istituto agrario di San Michele – sono ancora conservati numerosi materiali relativi ai rilievi sui vigneti, alla presenza di fillossera, alla qualità dei terreni, bozze di diagrammi, prospetti statistici, manoscritti, con firma autografa di Rigotti, tutti documenti preparatorio dell’indagine pubblicata nel 1931.

Alcuni riconoscimenti confermano la straordinaria carriera di Rebo Rigotti: ricevette una medaglia d’oro della Provincia di Piacenza, per lo strumento che misura la resistenza al distacco dell’acino d’uva dal grappolo; una seconda dall’Istituto di San Michele all’Adige nel 1962, in occasione dell’inaugurazione del nuovo edificio, una terza dalla Regione Trentino-Alto Adige, per i risultati ottenuti nel settore viticolo ed enologico.

Tra i suoi molti interessi vi furono la meteorologia, suo un progetto del 1951 per l’istituzione di un osservatorio meteorologico presso l’Istituto agrario provinciale e stazione sperimentale di San Michele all’Adige e la pittura, la cui vena artistica è evidente in alcune tele, disegni e opere con le quali accompagnava i suoi scritti.
Fu membro dell’Accademia degli Agiati di Rovereto e iscritto all’Accademia italiana della vite e del vino.
Morì nel 1971 a ottant’anni, dopo essersi dedicato nell’ultima fase della sua vita alla pittura, allo studio dell’esperanto all’attività ricreativa presso l’UDIAS, l’Unione Diplomati Istituto agrario di San Michele, di cui fu socio fondatore. Senza rinunciare, neppure dopo il collocamento a riposo, ad avviare una nuova ricerca sulla frutticoltura trentina, che però non ebbe il tempo di completare.

Un profilo umano di Rebo Rigotti nelle parole di Ferdinando Tonon, allievo prima e poi collaboratore, in occasione di un evento pubblico:

«Colpiva del suo tratto esteriore – scriveva Tonon, uno che lo conosceva bene – il modo in cui si presentava: taciturno, serio, non di rado brusco e burbero. Ma dietro quell’immagine apparentemente dura, c’era un uomo di grande sensibilità umana. Certo, il suo carattere era forte, tutto d’un pezzo, e pur emotivo, era sempre equilibrato, aperto, disposto all’ascolto e al confronto. Era severo, rigoroso, esigente con i suoi collaboratori, ma più ancora con se stesso»(Tonon, 2001, p. 52 – Leggi la testimonianza completa).

Le pubblicazioni di Rebo Rigotti 

Leggi la bibliografia

tratta da Rebo Rigotti, una vita per la sperimentazione in agricoltura
Quaderno speciale di Esperienze e ricerche a lui dedicato nel 1990 (link)
Sintesi tratta dal volume di Alberto Ianes “La viticoltura trentina e la sua Carta viticola” (2015) cui si rinvia per una completezza d’informazione. (link al libro)
Fotografia in apertura della pagina: “Vallagarina”, Archivio CCIAA TN © Flli Pedrotti  b/n 18×24